Anna (ogni riferimento che possa rendere la persona riconoscibile è stato eliminato) è una bambina di 9 anni che da un pò di tempo presenta dei sintomi che stanno facendo molto preoccupare i suoi genitori.
Da un paio di mesi infatti, verso sera, ha dei picchi di ansia molto intensi, che si potrebbero definire veri e propri attacchi di panico: fatica a respirare, ha la sensazione che le manchi l’aria, le gira la testa.
In quei momenti, se si trova fuori casa, chiede con insistenza di essere riportata a casa e vuole assolutamente la presenza di almeno uno dei suoi genitori.
La mamma e il papà di Anna hanno più volte chiesto alla bambina cosa avesse, cosa si sentisse in quei momenti, ma la bambina si era sempre rifiutata di rispondere.
La mamma di Anna, assolutamente in buona fede, cercando di capire o di aiutare aveva a volte detto alla bambina: “Ma insomma Anna, cos’hai? Alla tua età i bambini dovrebbero solo giocare e divertirsi, perchè stai così?”. Ma anche in questo caso non aveva ottenuto risposta.
I genitori mi riferiscono che da poco Anna ha perso uno zio al quale era legata, morto in maniera improvvisa. A loro sembra però che la morte dello zio non sia collegata al malessere della bambina, anche se lei si rifiuta di andare al cimitero sulla sua tomba.
I genitori di Anna si rivolgono quindi a me per capire cos’ha la loro bambina e per aiutarla a superare questo momento difficile.
Quando incontro Anna la prima volta mi trovo di fronte ad una bambina apparentemente piuttosto chiusa ma allo stesso tempo curiosa di cosa io potessi dirle e delle attività che le avrei potuto proporre.
immagine su tuttomamma.it |
Inizio spiegando ad Anna che i suoi genitori sono dispiaciuti perchè vedono che sta soffrendo e che vorrebbero fare qualcosa per farla stare meglio. Spiego anche che il mio ruolo è aiutare loro a capire ma soprattutto lei a superare questo momento difficile.
Le chiedo quindi di spiegarmi come si sente quando alla sera le capita di stare poco bene.
Lei mi descrive puntualmente i sintomi, che riconduco alla presenza di una forte ansia.
Però nemmeno a me Anna vuole dire cosa pensa, cosa la fa stare male.
Allora propongo un indovinello, ipotizzando che il suo malessere sia legato alla morte dello zio.
Le faccio varie ipotesi chiedendo di dirmi, come in un gioco, “acqua”, “fuochino”, “fuoco” quando mi fossi avvicinata all’ipotesi giusta e lei accetta.
In pochi minuti arriviamo all’ipotesi giusta: Anna ha paura che la morte venga e se la porti via improvvisamente, così come è accaduto allo zio.
Nel momento in cui “indovino” la corretta causa della paura, Anna scoppia in un pianto liberatorio e mi confida che non ne aveva mai parlato con i suoi genitori per paura di essere rimproverata per aver avuto verti pensieri.
Da qui la strada per noi è in discesa.
Spiego ad Anna che la sua reazione è normale, in risposta alla perdita improvvisa di una persona cara.
Inoltre, poichè Anna temeva che i segnali della paura (mancanza d’aria, capogiri) fossero il segnale di una morte imminente, spiego che quelli altro non erano che sintomi di ansia o di paura e che quindi non erano per niente pericolosi.
Le insegno anche una tecnica di rilassamento per ricondurre alla normalità questi segnali del corpo.
Infine le spiego che è piuttosto improbabile che un bambino muoia improvvisamente, senza motivo e che invece una persona adulta o anziana può avere delle malattie che magari non sono scoperte se non quando è troppo tardi, ma che comunque ci sono e che portano il corpo, pian piano ad ammalarsi.
Le spiego anche che questa non è la situazione più frequente e che di solito le malattie vengono riconosciute per tempo e che i medici cercano di fare tutto il possibile per curare le persone, una buona parte delle volte riuscendoci.
Dopo qualche seduta Anna è più serena, non ha più gli attacchi di panico serali e ha persino accettato di andare al cimitero a fare visita allo zio.
Ho suggerito ai genitori di parlare con la bambina dello zio e delle emozioni che la sua morte aveva suscitato e potrebbe nuovamente suscitare ogni volta che la bambina desideri farlo, accettando e non bloccando ogni manifestazione delle stesse, senza giudizi o censure.
Se avete trovato interessante questa storia condividetela con chi pensate sia alle prese con un momento di lutto che investa anche dei bambini, potrebbe essere loro d’aiuto.