Marcella (ogni riferimento che possa rendere la bambina riconoscibile è stato tolto) è una bambina di 8 anni, che frequenta la terza elementare. Le piace andare a scuola, ha il suo gruppetto di amiche, fa molte attività extrascolastiche. Vive con il papà e la mamma e una sorellina più piccola.
I suoi genitori si rivolgono a me dopo un lungo periodo di “lotte estenuanti” con la bambina che avvengono soprattutto nel momento dei compiti a casa e in altri momenti dove le viene impedito di fare qualcosa che lei vorrebbe fare. In queste situazioni Marcella si rifiuta di ragionare, di fare quello che le viene chiesto, e parte con degli sfoghi di rabbia che durano molto a lungo. In poche parole, non riesce a gestire la frustrazione. Dal primo colloquio con i genitori emerge che la bambina è molto legata alla mamma, la vorrebbe sempre con sé. Raramente in casa gioca da sola o si auto intrattiene. Chiede sempre la mamma, la cui presenza costante è l’unica garanzia di svolgimento dei compiti.
Senza la mamma i compiti non vengono fatti, anche se Marcella potrebbe tranquillamente svolgerli da sola (è una bambina con buone capacità e ottimo rendimento scolastico). Una peculiarità è che i capricci si placano prima se la mamma è accanto a Marcella, la calma e le parla, e fin qui nulla di strano. Il problema è che, in ogni caso, anche con l’intervento della mamma, il tutto dura moltissimo, anche un’ora, un’ora e mezzo.
I genitori, pur amando moltissimo la loro bambina e desiderando avere un buon rapporto con lei, vorrebbero che imparasse pian piano a gestire più in autonomia questi momenti di frustrazione e di compiti a casa.
Decido quindi di vedere la bambina. Solitamente i primi incontri con i bambini sono di conoscenza. Si fanno attività di rompighiaccio e talvolta vengono somministrati dei test di tipo carta-matita (dei disegni).
Durante questi primi incontri emerge come Marcella abbia un grande legame con entrambi i genitori e che senta il bisogno di avere la loro attenzione. Emerge anche come lei sia una bambina con una forte reattività emotiva, ciò significa che risponde in maniera intensa a ciò che le provoca un’emozione, vivendo la stessa in maniera quasi totalizzante.
Marcella, durante un’attività di gioco con i personaggi della famiglia (delle bamboline che rappresentano i componenti della famiglia), mi spiega che lei durante i “capricci” non vuole calmarsi da sola, perché, se lo facesse, non avrebbe in quel momento le attenzioni della mamma.
Quindi colgo il nodo. Marcella ha bisogno delle attenzioni della mamma, ma le sta richiedendo in una maniera disfunzionale.
Stendiamo quindi un piano d’azione
1. In primo luogo facciamo un’attività di psicoeducazione sulle emozioni: andiamo a riconoscerle, a capirne le differenti intensità e a cercare dei “trucchi” e strategie pratiche per gestirle. Distinguiamo la rabbia dal fastidio, cerchiamo di capire gli effetti su di sé e sugli altri di una rabbia intensa e prolungata. Invece, tra le strategie, una potrebbe essere quella di urlare in un sacchetto di carta. Oppure di disegnare un mostro tutto rosso che rappresenta la rabbia e farne un palla da calciare a terra. Un’altra strategia consiste nell’insegnare a respirare in maniera calma e “profonda” (non troppo), in modo da raggiungere una distensione psicofisica.
2. In secondo luogo facciamo un patto, coinvolgendo anche la mamma, suggellato con una bella stretta di mano. Decidiamo un tempo fisso in cui la mamma sarà presente vicino a Marcella per aiutarla a calmarsi. In questo caso fissiamo 10 minuti. Stabiliamo quindi che dopo questo tempo la bambina proverà a calmarsi da sola. Come premio per la buona riuscita del tutto (e/o dell’impegno profuso), viene pescato un bigliettino-sorpresa da una ciotola. Su ogni bigliettino sono state scritte in precedenza delle attività piacevoli da svolgere proprio con la mamma o dei regalini che lei desidererebbe ricevere.
Marcella e la mamma vengono incoraggiate a provare questo metodo e il tutto funziona. La bambina capisce quello che ci si aspetta da lei, comprende che non la si vuole abbandonare o non considerare, bensì che si ha fiducia in lei e nella sua capacità di fare un salto nella maturazione emotiva. Neanche a dirlo, il rapporto tra Marcella e la mamma (e di riflesso, anche con gli altri componenti della famiglia) migliora.
3. Rimane quindi da affrontare il nodo compiti. Ricordiamo che Marcella fa i compiti quasi esclusivamente in presenza della mamma, pur avendo la possibilità di svolgerli da sola (almeno per buona parte). Anche qui impostiamo un “gioco a premi”. Per cominciare la bambina svolge un’attività (un esercizio) di una determinata materia da sola. Poi progressivamente va ad aumentare il numero delle attività da svolgersi in autonomia. Con lei e con i suoi genitori abbiamo stabilito che ogni giorno in cui svolgerà da sola le attività programmate, prenderà una stellina da incollare su un foglio. Al raggiungimento di tre stelline, anche qui, è previsto un premio.
Con questi interventi la bambina ha raggiunto ben presto una maggiore capacità di gestire la frustrazione nella quotidianità, con grande soddisfazione da parte di tutti.
Dott.sa Sandra Magnolini. Psicologa e Psicoterapeuta in Vallecamonica e Franciacorta
Ricevo a Piancogno e a Provaglio d’Iseo, provincia di Brescia
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