Giulia (il nome ed altri dati che possono rendere riconoscibile la persona sono stati completamente modificati) è una donna di 35 anni, sposata e madre di due bambini piccolina. Abita a fianco dei suoceri, che definisce un pò “invadenti”. Nello specifico fatica a sopportare il comportamento che la suocera tiene nei confronti dei suoi figli.
Ma vediamo cosa accade in dettaglio: quando Giulia riprende i bambini per aver fatto qualcosa di sbagliato, la suocera la critica dicendole che non dovrebbe essere così dura e prende i bambini con sè, portandoli a casa sua, dove li “consola” permettendogli ad esempio di mangiare il gelato davanti alla TV e altre cose simili.
Inoltre Giulia sta cercando di insegnare al figlio più piccolo, che ha tre anni, a mangiare da solo con le posate. Ma quando si ritrovano a mangiare tutti insieme, la suocera lo prende in braccio ed inizia ad imboccarlo dicendo che “così si fa prima e il bambino non si sporca”. In altre situazioni accade che la suocera concede ciò che Giulia vieta e che la critichi ritenendola “troppo severa”.
Davanti a questi comportamenti Giulia non riesce a dire nulla. Teme di offenderla e di dimostrarsi ingrata, perchè ogni pomeriggio le tiene i figli quando Giulia è al lavoro. Inoltre teme che la suocera, sentendosi criticata, possa rifiutarsi di badare ai bimbi, creando a Giulia e a suo marito non pochi problemi.
Così si lamenta col marito, che ha già provato a parlare con la madre, ma i problemi sembrano non essersi ancora risolti del tutto. Progressivamente aumentano la frustrazione, l’ansia quando la suocera è presente ed il risentimento verso di lei.
Quali sono gli errori che Giulia involontariamente commette? Cosa può fare per migliorare la situazione?
Lo stile di comunicazione che Giulia utilizza nei confronti della suocera è di tipo passivo ed è caratterizzato da un atteggiamento di minimizzazione delle proprie posizioni, e dalla rinuncia ad esprimere le proprie idee.
Di solito, chi adotta questo stile di comunicazione crede che siano più importanti i pensieri o i desideri degli altri rispetto ai propri.
Oppure teme di pagare delle conseguenze salatissime se facesse valere le proprie ragioni.
O ancora crede che agendo in questo modo evita di offendere o disturbare gli altri.
Talvolta lo stile di comunicazione passivo si può riconoscere da alcuni segnali esteriori: un basso volume di voce, lo sguardo sfuggente, le esitazioni, il corpo non rilassato.
Di solito le persone che comunicano in questo modo con gli altri hanno una scarsa stima di sè, perchè si accorgono che non riescono a raggiungere i loro obiettivi.
Si sentono inoltre frustrate e arrabbiate, da una parte con se stesse perchè “non riescono a farsi valere” e dall’altra anche con gli altri che “dovrebbero capire”.
Ma come si comportano gli altri, coloro che vivono a contatto con la persona “passiva”?
In genere, se pure in un primo momento per qualcuno potrebbe essere “comodo” avere a che fare con una persona che non dice mai di no, che sembra accettare tutto, a lungo andare questo comportamento diventa fastidioso.
Sono soprattutto le persone affettivamente più vicine quelle che si stancano per prime di questi atteggiamenti. Infatti a pochi fa piacere avere un compagno, una compagna o un amico che non dice mai la sua opinione, che dà sempre ragione all’altro. La sensazione è infatti quella di avere al proprio fianco una marionetta e non una persona che possa essere di stimolo al confronto e alla crescita personale.
Invece aiuterebbe maggiormente Giulia adottare uno stile di comunicazione assertivo che è un modo di comunicare dove chi parla si rivolge al suo interlocutore senza offenderlo o prevaricarlo ma nemmeno senza mettersi in posizione di inferiorità.
Questo modo di rapportarsi agli altri è utile quando si intende impostare una comunicazione basata sul riconoscimento dei propri e altrui diritti.
In altre parole, chi riesce a comunicare in modo assertivo è in grado di manifestare i propri pensieri, le proprie emozioni, i propri bisogni, e di fare chiare richieste agli altri.
La persona assertiva parla senza accusare gli altri, non si rivolge cioè utilizzando il “tu”, ma lo fa usando il pronome “io”.
Si assume cioè la responsabilità dei propri pensieri e delle proprie parole.
Inoltre, se deve muovere una critica a qualcuno, riesce a fare esempi concreti dei comportamenti che non le vanno e a proporre soluzioni fattibili per la risoluzione del problema.
Poniamo il caso in cui Giulia voglia rivolgersi alla suocera per chiarire le questioni che le stanno a cuore e proviamo a notare la differenza tra queste due frasi.
In un primo caso Giulia potrebbe dirle: “Tu mi consideri una cattiva mamma, ma sbagli a comportarti così con i miei figli! Il tuo comportamento li farà crescere viziati!”
In un secondo caso potrebbe invece dirle: “Ogni volta che tu prendi i miei figli e li porti a casa tua dopo che li ho sgridati per aver combinato qualcosa mi sento male. Mi sento arrabbiata e preoccupata perchè ho paura che possano crescere nel non rispetto delle regole. Ti ringrazio invece per ogni volta che mi tieni i bambini quando io sono impegnata col lavoro”.
Il secondo caso è un esempio di risposta assertiva: non offende, non giudica, si riferisce a fatti specifici.
Se Giulia riuscisse a rivolgersi alla suocera in questo modo getterebbe delle buone basi per l’inizio di un dialogo costruttivo circa l’educazione dei bambini.